14 febbraio 2006 
Lorica segmentata: Chi la usava davvero? 
Riportiamo qui il testo che presso il Vindolanda Roman Army Museum, descrive i frammenti della segmentata: 
"Porzioni di una delle tipologie di corazza (lorica segmentata) proveniente dai ritrovamenti di Corbridge. (...). Generalmente si presume che la lorica segmentata fu portata solamente dai soldati legionari.  Scoperte di questo tipo di armatura presso fortini di cui è risaputa l'appartenenza a guarnigioni di cavalleria - incluso chiaramente, Corbridge - suggerisce che questo tipo di armatura veniva portata anche dalla cavalleria."  
"Portions of one of the sets of body armour (lorica segmentata) from the Corbridge Hoard.  (...).  "It is generally assumed that the lorica segmentata was worn only by legionary soldiers.  Finds of this type of armour from forts known to have held cavalry garrisons - including of course, Corbridge - suggest that this type of armour may also have been worn by cavalry".  
 
1 - Equites in segmentata; col. Antonina (II sec. d.C)
 
 
 
Fig.2 - frammenti di uno dei modelli di corazza in laminee ferree denominate Corbridge 
 
 
 
Fig. 3 - Una ricostruzione moderna della segmentata Corbridge su un Legionario (?) 
 
 
 
Fig. 4 - Cavalieri romani con rinforzo di lamine su petto e spalle. I secolo d.C. (Arlon, Museo di Lussemburgo) 
 
 
 
Figura 5 - Frammenti di una segmentata presso il Museo di Aalen (D) 
 
 
 
Figura 6 - Cavaliere romano con corazza a segmenti 
Rilievo del Poronaccio; II secolo d.C. 
 
 
 
Figura 7 - Cavaliere romano appiedato, con corazza a segmenti. Si noti il tipico scudo piatto ovale da cavalleria. Rilievo del Poronaccio; II secolo d.C. 
 
( 
 
Figura 8 - La cavalleria pesante sassanide contro altre cavallerie pesanti orientali. Fondamentale l'attacco di Contus (picca da cavalleria). III secolo a.C. Firuzabad (Iran)
Esistono prove che la segmentata fosse utilizzata dai fanti? 
No. Nonostante il ritrovamento di una certa quantità di frammenti, non vi è un solo caso in cui questa corazza sia contestualizzata a un soldato di fanteria. Allo stesso modo non vi sono ulteriori prove letterarie o iconografiche a suffragio di ciò; le similitudini estetiche nell’iconografia (colonna Traiana, Antonina, etc) non comportano una prova, anzi, evidenziano una differenza notevole dalle Corbridge e dalle segmentate metalliche in genere. 
Al contrario le loricae hamatae si rivelano onnipresenti sia come attestazione letteraria, iconografica ed infine archeologica, per tutta la durata della storia militare romana. Esse sono peraltro attestate sui resti di alcuni soldati romani. 
La scelta di adottare le segmentate Corbridge nelle attuali ricostruzioni storiche, dunque, è e rimane un vero azzardo, privo di qualunque certezza. 
Chi utilizzava allora la segmentata? 
Le deduzioni degli archeologi inglesi che hanno redatto il testo della teca di Vindolanda, evidenziano un dubbio più che legittimo.  
Come infatti anticipa il testo inglese sopracitato, l’Ala Petriana, la Cohors I Vardullorum equitata, la Cohors I Lingonum equitata e altre il cui nome non è a noi giunto, attestano dalla seconda metà del II a tutto il III secolo, la presenza sistematica di cavalleria nel forte di Corbridge (come d’altronde per Carlisle, Newstead e altri fortini in cui sono attestate le ‘segmentate’).  
Sebbene le Legioni come la II Augusta o la XX Valeria Victrix abbiano fisicamente costruito questi forti sul Vallo Adriano, di fatto la loro presenza a Corbridge fu rappresentata da piccoli contingenti, coorti-vessilazioni che hanno occupato per un certo periodo il forte. Ciò aumenta ancora di più la logica (peraltro documentata) di una attestazione permanente di forze di cavalleria a loro sostegno, nel sito in questione e in moltissimi altri.  
Inoltre... Già sotto il regno di Adriano (II secolo), “Carlisle e altri fortini subiscono una sensibile riduzione di importanza e un parziale abbandono a causa della costruzione nelle vicinanze di un grande forte di cavalleria a Stanwix, in Cumbria. In questo nuovo forte di cavalleria si trasferisce anche un unità di cavalleria attestata a Corbridge su almeno una lapide, quella di Titus Pomponius Petra, l’Ala Petriana.” Molti altri forti di cavalleria aumentano su tutto il Vallo per l’evidente vantaggio di una simile forza militare in quella situazione tattica (mentre i grandi fortini Legionari arretrano rispetto al Vallo), al punto che “tra il III e il IV secolo, tra il 275 e il 325 d.C. le forze militari romane abbandonarono gradualmente il luogo che divenne un complesso di officine per la produzione di armamenti, come a Corbridge”. Queste officine producono quelle maniche, cosciali (metallici) e segmentate che già in altro articolo abbiamo indicato essere le 'caratteristiche salienti' della cavalleria tipo 'clibanaria' o quantomeno di reparti di tipo 'pre-clibanario'. 
Anche Newstead d’altronde, attesta il ritrovamento di un cosciale metallico che non ha collegamento alcuno con la fanteria (vedi articolo). Newsted contempla inoltre il famoso frammento di segmentata che molto azzardatamente, è stato identificato con le corazze a segmenti individuabili sui milites di molti monumenti (colonna Traiana, eccetera). 
D'altronde il fortino di Aalen (Germania), edificato in una zona di altissima importanza trategica dopo le campagne di Domiziano contro i Catti (I secolo d.C.), fu stazione indiscussa di truppe di cavalleria nel II secolo: l'Ala I Flavia Gemina e propabilmente l'Ala II Flavia Pia Fidelis Miliaria. 
Presso il Limes Museum di Aalen è possibile infatti vedere i frammenti di una corazza a segmenti (figura 2). 
La letteratura non menziona la corazza a segmenti e probabilmente uno dei motivi principali è dovuto al fatto che si è cercato questo modello tra i legionari, e non in altri reparti militari romani. Una delle ipotesi più accreditate infatti è che la segmentata fosse effettivamente una corazza da cavalleria.  
Il corazzamento a lamine era d’altronde già conosciuto dai romani grazie ai cavalieri Sarmati (Tacito) e Partici (Plutarco); la cavalleria Sassanide era definita clibanaria, poiché la corazza metallica che avvolgeva il cavaliere interamente, suggeriva ai romani l’idea del clibanus, 'una pentola o un forno per la cottura del pane'. 
Perchè l'eventualità delle segmentate sulla cavalleria? 
Recita il passo di Plutarco in uno degli episodi della terribile sconfitta romana a Carre, nel I secolo a.C.: “Sui cavalieri gallici Publio contava di più, e in effetti con loro fece prodigi di valore. Afferravano le aste dei Parti, si ‘avvinghiavano’ ai nemici e li tiravano giù da cavallo, sebbene fossero difficili da muovere a causa della loro armatura di ferro (kránesi kaì thoraxi tou Margianou sidérou); molti Galli abbandonavano i loro cavalli e strisciando sotto quelli dei Parti, li colpivano al ventre…" (Crasso, 24) 
Afferma ancora l’autore: “Allora (Publio) mosse i suoi cavalieri all’attacco e caricò i Parti, ma era in svantaggio sia nell’offesa sia nella difesa, poiché colpiva con le sue lance piccole e deboli (mikroîs doratíois), corazze di cuoio non conciato o di ferro (thorakas omobúrsous è siderous) e riceveva colpi di picche pesanti (kontois) sui corpi dei Galli coperti da una agile armatura o seminudi (eìs eùstalè kaì gymnà somata ton Galaton)". 
Il contributo dell'autore è a dir poco esemplificativo: nonostante alcuni ausiliari gallici abbiano il petto nudo (gymna somata), gli altri sono dotati una una corazza 'agile e sciolta': la lorica hamata (eùstalè somata), come d'altronde è universalmente risaputo per la cavalleria gallica. 
Tuttavia, sebbene questa corazza 'elastica' permetta straordinari funambolismi, tali da permette ai Galli di lanciarsi sul cavallo avversario, afferrarne le picche, scendere repentinamente dalla propria cavalcatura e strisciare sotto il cavallo del nemico, le pesanti picche Partiche (Kontois) perforano con grande facilità le hamate (o squamate) degli Auxilia romani. 
Al contrario i Parti, abituati a scontri di cavalleria pesante (fig. 6) nelle grandi steppe orientali, sono armati con corazze di ferro, unica concreta difesa contro una cavalleria kontaria, e che i tradizionali giavellotti della cavalleria leggera romana (mikroîs doratíois), non scalfiscono minimamente. 
Afferma infatti ancora Plutarco: I Parti, di fronte ai Romani “subitamente gettarono giù la copertura (di stoffe) dall’armamento (èxaíphnes katabalóntes tà prokallúmmata tõn oplon) e apparvero alla vista splendenti come fiamme, elmi e corazze di ferro della Margiana (kránesi kaì thoraxi tou Margianou sidérou), dalla lucentezza viva e brillante (…)". 
Una evoluzione anti-kontaria. Ma anche tattica... 
Ad oggi non esistono testimonianze letterarie che attestino nel 'dopo Carre' una trasformazione della cavalleria romana in direzione di modelli anti-Kontari o anti-Clibanari alla maniera orientale. Ma di certo esistono tracce evidenti di protezioni a lamine di tipo clibanario che compaiono sulla cavalleria romana già nell'iconografia del I secolo d.C. (fig. 4) e attraversano il II secolo (fig. 1) sino al III (fgg. 6 e 7). 
Ugualmente l'archeologia attesta i primi ritrovamenti di corazzamenti in lamine ferree già a partire dai primi anni dell'impero (Kalkriese-Teutoburgo), sino a tutto il III secolo d.C. 
La cavalleria leggera romana non è soppiantata. Anzi: le indicazioni di Plutarco, se da un lato hanno evidenziato un punto debole di questa 'armatura' (intesa come metodo di combattimento), dall'altro sottolineano la sua caratterstica peculiare: agilità, mobilità dai grandi vantaggi tattici. Una agilità e una mobilitià che tuttavia, nello scontro diretto contro una qualunque cavalleria pesante, soprattutto in una battaglia campale con la cavalleria schierata a contenimento delle 'ali', avrebbe avuto partita persa. 
Pensare che i romani possano essere rimasti fermi al palo, non è solo stupido, ma impensabile. 
Infatti, questa “tendenza evolutiva” di una parte delle forze di cavalleria romane in direzione di una cavalleria pesante, è variamente comprovata dalle fonti: già in Flavio Giuseppe (70 d.C) l’assegnazione ai cavalieri di un Kontos (lancia pesante) lascia presumere ad una specializzazione d’urto della cavalleria. Più palesemente sotto Traiano troviamo l’Ala I Ulpia Contariorum e sotto Adriano abbiamo una Ala I Gallorum et Pannoniorum Catafracta. Il Notizia Dignitatum elenca ben nove unità romane di clibanarii ed una addirittura, di cavalieri arcieri: equites sagittarii clibanari
Un fenomeno questo che doveva avere avuto inizio sin dal I secolo e che portò gradualmente ad una produzione di armamenti ad hoc, che il Notizia Dignitatum riporta fedelmente: tra la lunga serie di fabricae ed armamenti che sono elencati in tutto l’impero, spicca sovente l’armatura dei corazzieri, il clibanus, la corazza-forno per il pane. 
Queste trasformazioni della cavalleria non dovevano avere avuto luogo esclusivamente per contrastare cavallerie kontarie. Il vantaggio di una cavalleria pesante aveva anche una funzione tattica importantissima, che d'altronde ritroveremo nella funzione 'deterrente' di esigui gruppi di cavalieri medioevali. 
L'importanza sempre maggiore della cavalleria 
L’ampiezza dei confini modificò gradualmente l’assetto dell’armata romana di epoca repubblicana: le antiche 'grandi concentrazioni' di truppe mobili di tipo legionario che si spostavano in funzione delle esigenze belliche, furono gradualmente sostituite da contingenti in presidio fisso, dislocate in aree chiave. Una soluzione che giungerà lentamente a frammentare le Legioni in Cohorti e altri reparti minori. Altrettante  Vexillationes e raggruppamenti di piccoli contingenti formeranno sempre più spesso gli eserciti campali per missioni militari di una certa importanza. 
Nell’ottica del presidio dei limites  di una copertura di territori ampi, e la cavalleria assumerà un ruolo sempre più importante come deterrente pisicologico che assicurava ai confini dell’impero, la sensazione di un presidio attivo ed efficace. Lungo i confini dell’impero sono segnalati reparti di cavalleria permanenti, come ad esempio gli equites dalmatae o gli equites mauri.  
Se tuttavia la frammentazione dell’armata romana lungo le migliaia di chilometri dei limites, garantiva una buona difesa contro penetrazioni di intensità medio-bassa, le campagne importanti necessitavano di raggruppamenti massicci pronti a muoversi rapidamente in direzione delle necessità. Questo ruolo venne sempre più affidato alle truppe al comando dell’imperatore stesso, interpretato da imponenti contingenti di cavalleria.  
 
Tra il I e il III secolo, ecco comparire gli equites singulares, promoti e truppe di fanteria pesante montate a cavallo, gli scutarii, che diverranno sempre più spesso la soluzione indispensabile. Una soluzione che tuttavia ebbe anche effetti controproducenti: i legionari che diventavano equites, perdevano tutta la specializzazione e la capacità tattica intrinseca alle antiche legioni (assedi, fortificazioni, concetto strategico della battaglia) accelerando una sorta di medievalizzazione dell’esercito romano. 
E’ forse per questo motivo che nella sua opera sull’esercito romano, il nostalgico Vegezio risulta particolarmente ostile alla cavalleria. Un reparto che al suo tempo, il IV secolo, aveva praticamente soppiantato la fanteria legionaria, l’unica la cui sopravvivenza avrebbe consentito di trasmettere quelle tradizioni che avevano fatto grande Roma e perpetuato la mentalità romana. 
D'altro canto, i limites sono affidati a truppe di cavalleria o a vexillationes (cohorti) di fanteria Legionaria o Ausiliaria, che proprio in quanto reparti numericamente limitati, necessitano della cavalleria più di ogni altra cosa poichè 'non in grado di fronteggiare autonomemente situazioni campali'. Senza Equites una cohors quingenaria o miliaria (500-1000 unità) sarebbe stata immediatamente circondata e annientata. 
La presenza di una cavalleria 'pesante' (abbinata alla cavalleria leggera, omnipresente) ad ausilio di una esigua truppa di fanteria, ha un vantaggio straordinario: la carica di kontari romani 'costringe' gli avversari a compattarsi per sostenerne l'urto e non subire la rottura del fronte. La compattazione degli avversari permette all'esiguo fronte romano di combattere (nonostante l'inferiorità numerica) in parità se non addirittura in superiorità numerica nominale (cioè effettivi combattenti, e non numero di combattenti potenziali).  
La cavalleria clibanaria o pre-clibanaria romana risulta così una soluzione militare adatta a compensare un numero minore di fanti a propria disposizione, così come 'di fatto' è nella situazione dei limites già a partire dal I secolo a.C. 
 
La segmentata-clibanus: comoda e utile sul cavallo? 
Il Clibanus-segmentata presenta immediatamente caratteristiche che avvalorano la tesi della 'corazza da cavalleria'. La più evidente è il fatto che risulta un corpetto che giunge solo sui fianchi, a differenza della tradizionale Hamata repubblicana da fanteria, che giunge quasi alle ginocchia per evidenti necessità protettive di inguine e coscie (perdurante sino al II secolo, come si vede nelle Metope di Adamklissi). La segmentata invece, similmente alle più tipiche Hamate da cavalleria ausiliaria, lascia completamente libera la zona delle anche e delle coscie. Caratteristiche che incontrano le esigenze più tipiche della cavalcatura dell'eques
L'uso cavalleresco della segmentata potrebbe offrire qualche dubbio a causa delle sue rigidità e spigolosità, rispetto alla 'agilis lorica hamata', adattante e permeante il corpo del miles
Ma anzitutto, è necessario ricordere l'esistenza inequivocabile della cavalleria Clibanaria, o dei reparti di Sagittari Clibanarii, o ancor prima dei catafratti Partici e Sarmati rivestiti da lamine di ferro, o lamine conserte a duro cuoio. Tutte 'prove' che dimostrano che nonostante la rigidità, queste corazze erano regolarmente portate a cavallo, con l'aggiunta peraltro di cossalia e manicae
D'altronde alla cavalleria clibanaria o pre-clibanaria, non è necessariamente richiesta l'agilità della cavalleria leggera in Hamata. 
In secondo luogo, l'idea di una presunta spigolosità-rigidità del Clibanus-segmentata, è ampiamente neutralizzata dalle fonti letterarie: i problemi di una corazza di questo tipo sono raccolti in un unico termine dall'Anonimo che scrive il DeRebusBellici: 'asperitas', spigolosità, cattiva agilità (in riferimento al Clivanus). L'Anonimo fornisce la soluzione a questo problema, affermando come il Thoromachus (una tunica di lana infeltrita e imbottita), fosse stata una delle migliori invenzioni degli antichi (romani) e che si usava sino al suo periodo (IV secolo). Inoltre l'Anonimo (che pur si riferisce a tempi precedenti al suo, quasi certamente i II-III secolo), dichiara fermamente come questa imbottitura serva ad alleviare dal peso delle loricae (hamate, squamate) e dalle asperità del clivanus, dimostrando di conoscere le due corazze più diffuse nell'esercito romano. (vedi articolo). 
 
 

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