Il valore giuridico del bianco e del rosso qui evidenziato è ulteriormente ribadito in altre fonti. Cesare innalza sul Pretorio il vessillo rosso, e tra il nemico si scatena il panico e ugualmente Plutarco descrive un medesimo episodio.
Luso di indossare un mantello rosso o porpora nella Devotio, nella quale il comandante o altri ufficiali militari sacrificano la loro vita per la vittoria finale, è oltremodo significativo. Lepisodio citato da Plutarco inerente a Crasso che a Carre, dimentica di indossare il paludamento porpora nellarringa prima della battaglia, indica tutta la forza evocativa, simbolica, ma anche giuridica, del dovere di una promessa di morte da parte del comandante in caso di necessità nello svolgimento delle operazioni belliche.
Queste evidenze hanno una valenza prioritaria nellanalisi delle fonti: laddove la pigmentazione non sia stata alienata dal tempo - cosa assai frequente soprattutto negli affreschi o anche laddove non vi sia la certezza che immagini o indumenti attestati dallarcheologia siano certamente riconducibili a militari romani, la presenza di tuniche o creste bianche ha relazione simbolica con lo IVS, il giudizio, la vendetta, la giusta vittoria dei Romani su altri, oppure cariche e reparti militari deputati allo svolgimento del Diritto, sino alla longa mano dellImperator, quali talvolta i Pretoriani o altri reparti scelti.
La presenza del rosso o del porpora indica Marte, la Devotio, il sacrificio, lannullamento della propria individualità a beneficio dellesercito, dunque lo Stato: questo colore rappresenta una promessa di morte che doveva terrorizzare lavversario e convocare di forza il Dio rosso, come sentimento reale nelle truppe.
Ipotesi di ricostruzione cromatica della colonna Traiana in base a una serie di analisi scientifiche ancora attualmente in corso: gli esami morfologici dei campioni, esami mineralogico-petrografici, immagini allultravioletto, allinfrarosso, al microscopio a scansione elettronica, sono destinati a determinare estensione, tipo e composizione dei colori.
Evidenze iconografiche
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Tra le rappresentazioni riconducibili con certezza ai Romani, laffresco di Pompei detto del Giudizio di Salomone evidenzia un soldato con tunica rossa e due con tunica bianca [vedi foto].
Il soggetto in tunica rossa Salomone medesimo - sostiene una lancia con mano allaltezza della testa, identificando il dio Marte. Nellaltare di Domizio Enobarbo (II sec a.C) compare la medesima postura di un ufficiale e così in innumerevoli altre rappresentazioni pittoriche, con tracce evidenti di rosso nella tunica. Tutte queste sembrano palesare una prassi universale nellarte romana: la rappresentazione giuridico-teologica del convalidamento di una azione cruenta. Non è un caso forse che in un affresco del IV secolo d.C. presso le catacombe cristiane di Siracusa, è attestato un Marte con tunica rossastra, nella medesima posa. Culti della tradizione Romana che la Cristianità utilizza (non solo in questa occasione) in virtù del potente simbolismo militare, capace di un secolare ed efficacie abbinamento tra Diritto e Religione.
Nellaffresco di Pompei gli officianti al seguito di Marte indossano una tunica bianca che simboleggia la legittimità del sacrificio, mentre la cresta rossa identifica il giusto sentimento, la volontà genuina e discolpante dellazione sanguinaria.
L'abbinamento tra il colore bianco e cariche forensi o sacerdotali si evidenzia anche per esempio nell'affresco del I secolo d.C. da Pompei, che raffigura Terentius Neo e la moglie [vedi foto]. Egli indossa una veste bianca ed impugna un rotolo, un libro, con un fiocco rosso: simbolo appunto di una carica pubblica.
Allo stesso modo il rilievo da Mainz di Flavoleio Cordo della Legio XIV Gemina, pur non evidenziando colori alcuno mostra il soggetto con dei rotoli nella mano sinistra, evidenza tangibile di una carica sacerdolare [vedi foto]. Dobbiamo aspettarci che il colore della sua tunica fosse bianco, e così per le vesti di tutti gli ufficiali e le cariche speciali legate a tali cariche.
Al di fuori di queste, nei soldati semplici liconografia militare romana evidenzia tuniche di colori neutri come quelle di Chester: grigi e marroni di ogni tonalità, compreso il ruggine e tinte definite dai romani rossastre ma in realtà color 'terra'.
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I colori "laici" dei cittadini. In questo mosaico romano (esiste una copia più tarda, un affresco dai colori tuttavia deturpati e scuriti dal tempo) si osservano il marrone, beige, giallo, arancio e sfumature azzurre.
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Evidenze letterarie e colori 'funzionali'
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Un papiro del II secolo d.C. riferisce di una commissione a 83 tessitori di un villaggio di Philadelphia, per tuniche di militari Romani in Cappadocia di fine, morbida e bianca lana. Il documento non specifica tuttavia se tale ordinativo fosse destinato alle parate di ufficiali e principales, o se più semplicemente si trattasse di tuniche da destinare alla tintura secondo le specificità della coorte o della legione di destinazione.
Non vi sono altre evidenze letterarie tali da suffragare tra i soldati puri, tuniche bianche o rosse.
Al contrario alcune fonti latine, indicano colori che suggeriscono l'idea della «mimetica», ossia di una colorazione destinata a confondersi con l'ambiente circostante.
E questo il caso dei marinai e dei soldati di marina citati da Vegezio (IV, 37), le cui vesti (nonchè funi e vele delle imbarcazioni) sono di color acquamarina (un mix grigio-verde-azzurro, detto «colore veneto») al fine di essere meno individuabili da esploratori avversari.
In ambito terrestre, al pari dei moderni eserciti, i colori marroni, grigi e verdi rappresentano quelli più indicati a tale scopo, e le tonalità del marrone e del grigio sono peraltro ottenibili dalle lane grezze senza nemmeno necessità di colorazione (vedasi fig. 2).
Vi è certo da chiedersi se tale ipotesi sia compatibile davvero con le esigenze di reparti di fanteria, i quali, schierati a battaglia, tutto dovevano apparire tranne che «mimetizzati».
E tuttavia vero che la "battaglia campale" rappresentava un momento esclusivo e raro nelle operazioni belliche complessive di una cohorte o legione. I milites romani erano più frequentemente occupati in spedizioni di approvvigionamento di cibo e legname, nonchè spesso impiegati per operazioni di incursione che dovevano risultare fulminee e di sorpresa; parametri questi in cui la mimetizzazione nei confronti di vedette ed esploratori, risultava fondamentale.
Evidenze archeologiche
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Diverse evidenze sono attestate negli indumenti militari romani: sul vallo di Adriano a Vindolanda, e altri luoghi di cui non vi è certezza della appartenenza a militari romani (Masada e altri luoghi in Giudea). In definitiva anche i frammenti riconducibili con certezza a realtà militari romane, raramente evidenziano tracce chimiche lontanamente riconducibili ad una tonalità di rosso accettabile, e certamente non attribuibili con certezza ai soldati semplici.
Come interpretare gli scudi rossi?
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Se le tuniche, i mantelli e le creste bianche o rosse rappresentavano davvero elementi da indossare solo in occasioni speciali - e non per tutti - mirate a palesare la legittimità delle azioni e la corretta tempistica delle stesse, se i colori rosso o bianco, secondo lipotesi che qui andiamo sottolineando, rappresentavano incipit importanti allinterno dellesercito, e che di conseguenza tali colori dovevano rimanere nascosti se non nel momento della legittimazione di particolari codici militari, come interpretare lampia attestazione nelle fonti di scudi con colorazione rossa?
In sostanza non vi è prova alcuna delluso indiscriminato di tali colorazioni al di fuori della battaglia o del trionfo, tale da 'inflazionare' il senso simbolico e lefficacia giuridico-sacrale di tali colori all'interno di una Legione o di una Cohors Civium Romanorum.
A supporto di ciò vi è lampia attestazione di tegumenta, involucri in pelle per gli scudi che rivelano una copertura che potrebbe non avere soli scopi protettivi al clima, ma anche della sacralità dei simboli identificati nei colori e nelle icone sugli scudi.
Le attestazioni archeologiche di numerosi tegumenta rivelano come queste rispettassero straordinariamente la sagoma degli scudi (persino sulla semisfericità degli umboni), e ciò suggerisce come questi potessero essere utilizzati con il rivestimento in qualunque momento (esercitazione compresa), in assenza di un codice rosso o bianco.
Le attestazioni archeologiche delle sacche di rivestimento in pelle non colorata, suggerisce inoltre quanto sopra descritto in merito a una globale esigenza di 'mimetizzazione' dei militari romani.
L'uso dei tegumenta marroni (color pelle) poteva permettere ai militari azioni esplorative, incursioni o altre attività diurne o notturne garantendo una maggiore invisibilità. Persino una imponente legione in marcia, complessivamente «mimetizzata» dai colori terrestri di mantelli, vesti e scudi, sarebbe stata individuata molto meno facilmente in lontananza, rispetto ad una sfavillante d'oro, d'argento e colori accesi come il rosso, il giallo e il bianco.
Conclusioni
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Alcuni dipinti più antichi evidenziano scene di battaglia con piccoli gruppi di uomini: alcuni indossano vesti bianche e potrebbero essere generalizzati come semplici militari. Ma questo genere di espressione artistica rappresenta personaggi storici o leggendari, di cui quasi totalmente ci sfugge il nome, impedendoci una ricostruzione del fatto storico o mitologico tale da permettere una contestualizzazione della simbologia dei colori. L'attribuzione di pigmenti neutri (tonalità del giallo- marrone, del grigio o del verde) piuttosto che del bianco o del rosso, identifica un linguaggio peculiare e secolare dell'arte verista Romana in grado di raccontare, oltre all'aspetto pratico, il contesto etico e legale delle vicende. Argomento questo sinoro poco esplorato e che necessita di un lungo approfondimento.
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