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Armamentarium
 
 
Figura 1 
Lorica vel clivanus... 
Ricostruzioni di ArsDimicandi 
 
 
Figura 2 
...aut his similia. 
Ricostruzioni di ArsDimicandi 
 
 
Figura 3 
Il Thoromachus 
De Rebus Bellici, Anonimo (III sec. d.C) 
Tavola IX 
 
2 febbraio 2006 
Loricae vel clivanii 
Un prezioso documento del IV secolo rivela un 'sottocorazza' destinata ad attutire il peso delle corazze hamate-squamate, o gli spigoli delle segmentate. Un riferimento dell'autore al III secolo o esistevano ancora dopo Costantino? 
Anonimo, De Rebus Bellici, 15 
"(1) Tra tutte le invenzioni che gli antichi - provvidi ai posteri - escogitarono per l'esercizio della guerra, c'è n'è una, il Thoromachus che con mirabile utilità allevia il corpo dal peso e dalla frizione delle armi. 
(2) Infatti questo tipo di indumento, che è di tessuto addensato e infeltrito (coactili vestimenti) su misura e a protezione del torace umano, lo confezionò con morbida lana l'ansiosa sollecitudine - maestra d'ingegnosità - anzitutto affinchè, indossatolo, la lorica o il clivano (lorica vel clivanus) o altre protezioni a queste simili (aut hic similia), non ledessero la fragilità del corpo con il peso o le spigolature (corporis ponderi et asperitate non laederent); in secondo luogo perchè le membra di chi lo indossa, aiutate da tale sollievo, fossero in grado di affrontare la fatica, quando è ora di combattere o quando fa freddo. (3) Certo per evitare che il thoromachus, bagnato dalle pioggie e accresciuto di peso, opprima chi lo indossa, sarà opportuno disporvi sopra uno strato di pelli libiche ben conciate (Libycis bene confectis pellibus), modellate a forma del thoromachus medesimo. (4) Questo thoromachus (...) ha preso il nome dal termine greco (Thorax, Nds) destinato alla difesa del corpo (...)
 
 
Analisi
L'illustrazione del toromaco lasciataci dallo stesso autore del De Rebus Bellici, (Fig.3), mostra un ampio camice dalle maniche lunghe. 
Nonostante una apparente similitudine per il principio dell'imbottitura e dell'infeltrimento delle stoffe (coactili vestimenti), il toromaco risulta qualcosa di differente da altri soggetti di stoffe e cuoio testimoniati dalla letteratura, atti ad assumere il ruolo diretto del corazzamento (coriis tegimenta, thorax coactilis: vedi articolo). Il toromaco del De Rebus Bellici infatti è destinato esclusivamente alla difesa dal freddo (ut et frigoribus sufficiat, 19) e soprattutto ad alleviare il tronco del miles dal peso e dalle frizioni delle loricae e dei clivanii (corporis armorum ponderi et asperitati...). 
Il fatto che l'autore esordisca affermando che "Tra tutte le invenzioni che gli antichi - provvidi ai posteri - escogitarono per l'esercizio della guerra, c'è n'è una, il Thoromachus ..." (cogitavit antiquitas), dimostra a prescindere dal nome, che questo soggetto non rappresenta un'invenzione dell'autore, bensì un indumento escogitato e ben conosciuto dagli antichi (romani, ndS) e il cui vantaggio giungeva ancora ai posteri (ossia al IV secolo d.C). 
Si tratta in altre parole di quello che oggigiorno (forse erroneamente) è definito subarmalis, destinato propriamente all'attutimento delle corazze sul proprio corpo. 
 
Ed è proprio a questo proposito, sul peso e sulla frizione delle corazze a cui il toromaco è destinato, che il passo del De Rebus Bellici si rivela prezioso. 
Con la frase lorica vel clivanus l'anonimo si mostra ben informato sui due tipi di corazza maggiormente diffuse in quel periodo: la lorica e il clibanus (clivanus è la forma preferita dall'autore). 
Nella Notitia Dignitatum sono attestate infatti fabricae loricarie e clibanarie (si tratta delle uniche fabbriche di corazze cui si faccia riferimento).  
Per esempio:  
- Augustodunensis loricaria, balistaria et clibanaria 
- Mantuaria loricaria 
- Clibanaria Antiochiae 
 
Il De Rebus Bellici sembra fornire inoltre le qualità di queste corazze: con la frase "lorica vel clivanus (...) corporis ponderi et asperitate..." l'autore indica espressamente due difetti principali: il grave peso, da un lato, e la durezza, rigidità, ineguaglianza, spigolatura (asperitas)... dall'altro. 
Nel primo caso (il peso) è conoscenza acquisita il fatto che le corazze più pesanti esistenti sui miltes, siano rappresentate dalle loricae hamate e squamate; esse possono variare in base al modello e alla taglia, dai 12 ai 20 Kg. 
Ben si inquadra qui l'analisi funzionale del toromaco dell'Anonimo, come veste imbottita atta a sgravare, soprattutto sulle spalle, il peso del metallo. 
Ben diverso è il riferimento all'asperitas della corazza sopra il toromaco. 
E' infatti risaputo che le corazze hamate e squamate sono per eccellenza le armature più flessibili, adattanti e prive di spigolature o rigidità. 
 
Le pesanti ma 'agili' hamate e squamate nelle fonti: 
agilis loricae - eusthalés thoraxa 
 
Plutarco (Crasso, 24)       
Allora (Publio) mosse i suoi cavalieri (Auxilia gallica) all’attacco e caricò i Parti, ma era in svantaggio sia nell’offesa sia nella difesa, poiché colpiva con le sue lance piccole e deboli (mikroîs doratíois*), corazze di cuoio non conciato o di ferro (thorakas omobúrsous é siderous) e riceveva colpi di picche pesanti (kontois) sui corpi dei Galli coperti da una armatura 'sciolta' o seminudi (eìs eùstale** kaì gymnà somata ton Galaton)
 
(*) mikroîs doratíois: iacula da cavalleria 
(**) eùstale somata ton Galaton: eùstale non significa leggero, bensì ben manovrabile, sciolto, agile. La scelta del termine eusthalés sembra indicare una corazza “che ben si adatta” ai movimenti degli auxilia gallici: l’hamata o la squamata. L’equivalente del termine eusthalés thoraxa si trova identico nel latino, laddove un secolo dopo Carre, Tacito descrive la caratteristica delle corazze romane in uso alle truppe romane contrapposte a quelle sarmate :  
 
“questa armatura Sarmata usata dai capi e da tutti i nobili, è intrecciata con lamine di ferro e cuoio durissimo, impenetrabile ai colpi; ma rende incapace di risollevarsi chi sia stato buttato a terra dall’urto del nemico. (…) Il soldato romano invece, con la sua facilis lorica (agile, che non provoca contrasti, che si adatta…), andando all’assalto coi pila e con le lancee, trafiggeva al momento opportuno il Sarmata col suo gladio leggero (levi gladio), poiché il nemico non usa difendersi con lo scudo (Storie I, 79). 
 
La caratteristiche di quelle che nel combattimento di cavalleria sembrano essere a tutti gli effetti corazze ad anelli o a squame - agilis loricae - eusthalés thoraxa - si evincono dagli stessi brani degli autori latini: il “momento opportuno” con cui gli Auxilia romani si avventano sui sarmati disarcionati, evidenziano una chiara situazione di libero scontro, e non di una formazione schierata e ordinata che avanza. Ugualmente afferma il racconto di Plutarco nella disfatta di Carre: “Sui cavalieri gallici con eusthalés thoraxa, Publio contava di più, e in effetti con loro fece prodigi di valore. Afferravano le aste dei Parti, si ‘avvinghiavano’ ai nemici e li tiravano giù da cavallo, sebbene fossero difficili da muovere a causa della loro armatura; molti Galli abbandonavano i loro cavalli e strisciando sotto quelli dei Parti, li colpivano al ventre…(Crasso, 24) 
 
Le leggere ma 'spigolose' segmentate: 
Il Clibanus da cavalleria 
 
Tornando al De Rebus Bellici, al contrario delle hamate-squamate le proprietà di 'spigolosità, durezza e rigidità' nel testo sono associate espressamente al clivanus. Queste caratteristiche (estrenee ad hamate e squamata) oggi possono essere attribuite unicamente al modello 'segmentata' in lamine di ferro. 
La segmentata (termine convenzionale moderno assente nella letteratura, proprio perchè cercato in associazione con termine 'lorica') è d'altronde e certamente una corazza da cavalleria (vedi articolo), e numerosi sono i ritrovamenti argheologici ancora attestati fino al III secolo d.C. 
 
Attestazioni di segmentate nel III secolo d.C. 
- Eining , Zugmantel (Germania) 
- Carlisle , Great Chesters  (Gran Bretagna) 
 
Sebbene l'opera sia stata scritta dopo Costantino, nel IV secolo, un periodo nel quale sembra che l'uso di corazze sui pedites romani sia tramontato (lo dimostrerebbe Vegezio e lo stesso Anonimo il quale, commentando la tavola IX - fig 3 afferma che "una volta indossato (...) questo toromaco, calzati anche i socci, i gambali di ferro, l'elmo, lo scudo e il gladio, con la lancia in pugno, il soldato sarà armato al completo" 15-13-8), in essa si evidenzia tuttavia una conoscenza perfetta dell'armamento romano dei tempi precedenti. 
 
Afferma d'altronde Giardina sul passo dell'Anonimo (nota 7, lorica vel clivanus): 
"La Lorica poteva assumere varie caratteristiche, in rapporto al tipo di lavorazione (ad anelli, a scaglie, ecc): cfr. soprattutto R. Grosse, in RE XIII 2 (1927), coll. 1444-9 s.v. Lorica. 
Il clibanus/clivanus è propriamente la corazza dei cavalieri clibanarii (invero termine attribuito solo in epoca tarda, ndS). In questo capitolo l'Anonimo allude, in verità, a soldati di fanteria (cfr. pedestrem pugnam a 15,17), ma la circostanza non deve porre eccessivi problemi: per illustrare i pregi del thoromachus egli precisa infatti che l'indumento può applicarsi a qualsiasi tipo di corazza: lorica vel clivanus aut his similia. Il passo del De Rebus Bellicis attesta in sostanza il pieno inserimento dei guerrieri armati di clivanus, nell'esercito romano, prima della loro riduzione - nelle fonti più tarde - a topos esornativo ed esotizzante: L. Cracco Ruggini, "Fatto storico e coloritura letteraria (da passi della 'Historia Augusta')." 
 
Il clibanus (il forno per il pane, secondo i romani), è la Segmentata. Corazza da cavalleria che 'eccezionalmente' può essere indossata anche dai pedites, rappresenta assieme alle loricae (le pesanti ma agili vesti d'anelli o squame), le due corazze tipo dell'esercito romano. Le uniche ad essere prodotte da Fabricae con procedimenti industriali. 
Quanto alle corazze "aut hic similia" (fig. 2), esse erano prodotte direttamente dai milites o da altri artigiani locali (Cesare, Plinio, CIL V 4504 e 4505 e CIL VI 9494). 
 
 
Ringraziamenti speciali: 
- Luca Ventura 
- Comitato scientifico dell'Istituto ArsDimicandi (Roma, Milano) 
 
Bibliografia: 
De Rebus Bellici, Anonimo (III secolo) 
Andrea Gardina, Fondazione 'Lorenzo Valle' - A.M.E. - 1989 
 



 
 
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